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Sorveglianza del lavoro da remoto: utopia o distopia?

Doug Bamford

A causa delle sue connotazioni di invadenza e controllo, la sorveglianza dei dipendenti è più spesso considerata distopica che utopica. Tuttavia, viene attuata dai datori di lavoro nella speranza di aumentare la produttività dei propri dipendenti.

Man mano che le aziende tecnologiche sviluppano strumenti per supportare le aziende e i manager che lavorano da remoto, emergono nuove questioni di carattere etico. La dott.ssa Carissa Véliz ed io abbiamo condiviso le nostre opinioni riguardo i risultati del recente report di VMware che ha analizzato i nuovi trend sviluppati in risposta alla nuova era del lavoro ibrido e il crescente utilizzo di strumenti di sorveglianza per misurare la produttività dei dipendenti.

Quali sono i vantaggi sociali?

Se gli strumenti di sorveglianza sul posto di lavoro si dimostrassero all’altezza delle aspettative, dovrebbero aumentare la produttività dei lavoratori. Ciò dovrebbe portare a una crescita del PIL e a un miglioramento del nostro tenore di vita. Ovviamente, i risultati concreti non sono l’unica cosa che conta: non vorremmo di certo essere benestanti, ma schiavi; tuttavia, stipendi più alti e prodotti più economici ci offrono più possibilità. Possiamo consumare di più per la stessa mole di lavoro o avere lo stesso consumo lavorando meno.

Il mio interesse nella tecnologia è nato dal fatto che potrebbe consentire un sistema fiscale e previdenziale più progressivo. La mia proposta prevede che il sistema previdenziale tenga conto del numero di ore in cui le persone lavorano nel corso della loro vita e non semplicemente della quantità di denaro guadagnata ogni anno. Ricompensare le persone per le ore di lavoro e non per il reddito può quindi contrastare la tendenza a una maggiore disparità tra i redditi elevati e quelli più bassi.

La critica più comune espressa in relazione alle proposte economiche progressiste come la mia è che scoraggerebbero le persone dal lavorare sodo, riducendo così il rendimento economico. Questa tendenza può essere contrastata tenendo conto del numero di ore effettivamente prestate. Tuttavia, c’è da chiedersi se, avendone la possibilità, i datori di lavoro e i dipendenti non distorcerebbero quel numero per ingannare il sistema.

Raccogliendo informazioni sul numero di ore lavorative, i software di monitoraggio sul posto di lavoro possono eliminare queste preoccupazioni.

Potenziali svantaggi

Sono diverse le preoccupazioni riguardanti gli strumenti di sorveglianza sul posto di lavoro.

Prima potenziale insidia: dipendenti demotivati

I dipendenti temono spesso che gli strumenti di sorveglianza siano un beneficio per i dirigenti aziendali e per gli azionisti, ma non per loro.  I maggiori profitti saranno realizzati a spese di dipendenti perseguitati e importunati. Il rischio è che i dipendenti più produttivi lascino l’azienda, se sotto sorveglianza: i risultati di VMware dimostrano questo fenomeno. In questo caso, le aziende più invadenti finiranno semplicemente per essere le meno produttive?

Mi chiedo se sia un caso che le aziende che hanno già difficili relazioni con i dipendenti utilizzino strumenti di sorveglianza con metodologie che demoralizzano ulteriormente i dipendenti. Se questo implica l’abbandono dell’azienda da parte dei migliori lavoratori, non è di certo un bene. Dopotutto, assumere e formare nuovo personale in continuazione è decisamente dispendioso. Un’impresa potrebbe anche danneggiare la propria reputazione nel caso in cui fosse associata a trattamenti inadeguati nei confronti del proprio personale.

Di conseguenza, le aziende non dovrebbero dare per scontato che la sorveglianza aumenti automaticamente la produttività. Bisogna utilizzare gli strumenti giusti nel modo giusto.

Seconda potenziale insidia: invasione nella vita privata

La dott.ssa Véliz ha sottolineato inoltre i timori relativi al modo in cui il lavoro potrebbe invadere la sfera privata.

La preoccupazione generale è che gli strumenti di comunicazione abbiano offuscato il confine tra il lavoro e altri ambiti della vita, dal momento che i dipendenti sono sempre reperibili. Gli strumenti di monitoraggio sul lavoro potrebbero forse contrastare questa tendenza delimitando chiaramente gli orari di lavoro dei dipendenti.

Altre preoccupazioni sono ancora più distopiche. La raccolta dei dati di localizzazione dei dipendenti impegnati in attività private e la possibilità di filmare membri della famiglia rappresentano timori molto concreti.

Queste paure fanno chiaramente parte delle più ampie preoccupazioni della dott.ssa Véliz riguardo la protezione dei dati e la privacy, a cui si aggiunge il timore di rischi derivanti dalla raccolta di informazioni dettagliate dei dipendenti, sia per questi ultimi che per l’azienda stessa. Jason Conyard, CIO e Senior Vice President di VMware, ha sottolineato gli obblighi e le responsabilità dei datori di lavoro nella protezione dei dati raccolti sui dipendenti.

Utopia o distopia?

Dunque, la sorveglianza sul posto di lavoro porterà a un’utopia o a una distopia?
È troppo presto per saperlo e questo dipenderà dalle decisioni delle aziende tecnologiche e dei datori di lavoro.

Questi ultimi dovranno dotarsi di strumenti adeguati a supporto della propria azienda. Tali strumenti dovrebbero essere utilizzati in maniera accessibile e trasparente, e dopo aver ottenuto il consenso dei dipendenti. I dati raccolti dovrebbero essere archiviati con cura ed eliminati quando non più necessari.

Allo stesso tempo, il resto delle persone non dovrebbe rimanere passivo riguardo questi sviluppi. I dipendenti, i sindacati, i cittadini e le pubbliche amministrazioni hanno tutti un ruolo da svolgere per assicurarsi di evitare i possibili scenari distopici e cercare di raggiungere quelli più utopici.

È inevitabile?

Penso sia inevitabile che il monitoraggio dei dipendenti aumenti, man mano che diventa più economico ed efficace. Se questi strumenti aumentano la produttività, ne aumenterà di conseguenza l’utilizzo. Le aziende sono in competizione e quelle che riescono a realizzare una maggiore produttività hanno più probabilità di superare i competitor.

I dipendenti potrebbero avere dei timori riguardo questi sviluppi, tuttavia non penso abbiano possibilità di resistervi. I singoli dipendenti dovranno acconsentire all’utilizzo dei software forniti dall’azienda, come previsto dal contratto. Le pubbliche amministrazioni e i sindacati hanno meno potere che in passato e dubito che saranno in grado di contrastare questo processo; la speranza è che contribuiscano a indirizzarlo in una direzione migliore.

Conclusione

Nel complesso, sono del parere che se la tecnologia sul posto di lavoro aumenta la produttività, anche il monitoraggio dei dispositivi e la sorveglianza dei dipendenti saranno inevitabili. C’è il timore che questi strumenti finiscano per beneficiare le aziende a danno degli individui; il compito di tutti noi è di evitare le potenziali insidie e assicurarci che questi strumenti siano un beneficio per tutti all’interno della società.

Douglas Bamford è un ricercatore e tutor in filosofia ed economia politica presso la Oxford University. Con una grande passione per la filosofia politica e le politiche pubbliche, esplora le strategie attraverso le quali le nuove tecnologie possono cambiare il sistema economico, con un particolare interesse per la creazione di un sistema fiscale più equo basato sui dati dei dipendenti.