Di Duncan Greenwood, Vice President, End User Computing, VMware EMEA
Perché, nonostante le previsioni dicano che il lavoro da casa sia il futuro, attualmente non è ancora ritenuto un’abitudine da parte delle aziende? In un’epoca in cui siamo circondati dalla tecnologia, accedendo alle informazioni più facilmente rispetto a un tempo, perché le automobili sono ancora bloccate nel traffico giornaliero delle principali città europee?
Tuttavia, notiamo che molte aziende si stanno muovendo per consentire ai propri dipendenti di lavorare in modo più flessibile. Se da un lato molte organizzazioni trarranno benefici dal lavoro flessibile, possiamo dire che questo cambiamento stia causando attrito tra aziende e dipendenti?
Il lavoro flessibile è nato come un modo per svolgere il proprio lavoro da un luogo diverso dall’ufficio o in tempi differenti per migliorare il comfort del dipendente e non per aumentare le ore lavorate. Ma esiste il rischio che i dipendenti siano sempre reperibili e abbiano sempre meno tempo per riposare?
In Europa vengono adottate differenti politiche e approcci per un ambiente di lavoro flessibile. All’inizio di quest’anno in Francia, per arginare il problema del controllo compulsivo delle email in ogni momento, si è deciso che le organizzazioni con più di 50 lavoratori debbano negoziare con i loro dipendenti “il diritto a disconnettersi”, quando cioè non è richiesto che guardino le email.
Interessante è anche quanto si sta verificando in Italia: dopo l’emanazione nel maggio di quest’anno da parte del Senato del decreto legge sul lavoro autonomo e agile, lo smart working ha visto un incremento del 14% rispetto al 2016, con 305mila lavoratori mobili – l’8% del totale dei lavoratori. Il decreto inquadra le modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che devono essere stabilite mediante un accordo tra le parti, organizzando fasi, cicli e obiettivi, omettendo i vincoli di orario o di luogo di lavoro grazie anche al possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
In Germania il 38% dei dipendenti spesso lavora in modo flessibile con un ulteriore 32% di lavoro flessibile saltuario[1]. Volkswagen in Germania è spesso presa come esempio di implementazione flessibile di successo delle politiche di lavoro, che provvedono a limitare i messaggi di posta elettronica post-lavoro per i dipendenti tramite l’uso di telefoni aziendali.
Nel Regno Unito, invece, esiste la Smarter Working Initiative (SMI) che mira a offrire a più di 200.000 persone per 200 aziende l’opzione di lavoro flessibile. Nel mese di luglio 2017, la SMI ha incoraggiato gli imprenditori a sostenere questa iniziativa – motivando le persone a lavorare in una situazione che li soddisfi meglio, piuttosto che lavorare in ufficio.
Se il lavoro flessibile non è fra le tue priorità, vale la pena riflettere sulle conseguenze per il tuo team nel caso in cui non possa beneficiare di policy per lo smart working. Secondo una relazione di Deloitte, 1 laureato su 10 vede la flessibilità di orario come il fattore più importante per scegliere un posto di lavoro. Questo può quindi essere un grande strumento per aiutare le aziende ad attrarre e trattenere i talenti, andando così incontro ai dipendenti, in particolare ai più giovani, che vogliono avere la possibilità di lavorare in modo soddisfacente.
In realtà, per consentire un funzionamento flessibile, le organizzazioni devono garantire le basi per sostenere gli sforzi di tutta l’azienda. A livello pratico è necessaria una piattaforma tecnologica che abbia una protezione integrata e una capacità di scalare nel momento in cui l’organizzazione cresce.
La tecnologia ha abilitato il lavoro flessibile, ma spetta alle imprese fare il massimo per trarne vantaggio.
[1] http://www.polycom.com/content/dam/polycom/common/documents/whitepapers/changing-needs-of-the-workplace-whitepaper-enus.pdf