Lo stretto legame tra il potenziale di crescita e la capacità di adattarsi rapidamente è sicuramente una lezione che le imprese hanno tratto dagli ultimi quindici mesi. Ecco perché, investire nel digitale non è mai stato così importante. Tuttavia, si tratta di una dinamica efficace solo nel momento in cui il controllo totale dei dati è nelle mani dell’azienda. Attualmente, il 92% dei dati dell’Europa occidentale è ospitato negli Stati Uniti (Ref. 1). La sovranità digitale non è quindi un lusso, ma la condizione sine qua non per rafforzare la competitività e renderla sostenibile. Mentre i governi si occupano dell’argomento e il progetto GAIA-X sta arrivando a compimento, è ora che le nostre imprese affrontino la sfida e facciano le scelte tecnologiche necessarie. Ci sono soluzioni che funzionano e sono accessibili. Cosa stiamo aspettando per prendere il controllo del nostro destino?
I big data sono un grande affare
È assodato che la quarta rivoluzione industriale è soprattutto una rivoluzione digitale. Secondo questo modello, saranno le applicazioni a permettere alle imprese di beneficiare dei dati e di affrontare le sfide legate alla produttività; applicazioni come il software di gestione della catena di approvvigionamento nel settore industriale o i call center degli operatori di telecomunicazioni, ad esempio. Queste applicazioni devono essere totalmente sicure e accessibili, disponibili al momento giusto, nel posto giusto e su qualsiasi piattaforma. Questo vuol dire distribuire i dati in cloud in grado di fornire l’ambiente necessario per soddisfare le loro esigenze, consentendo anche una migrazione, se necessario. L’obiettivo è quindi capire queste esigenze, e scegliere il giusto cloud, pubblico o privato, che meglio si adatta alla natura dei dati stessi. Di fronte a queste sfide economiche, le grandi imprese hanno già fatto le loro scelte, esternalizzando il funzionamento e la migrazione delle loro caselle di posta elettronica ad esempio, e sollevando al contempo domande sulle modalità di trattamento dei dati in loro possesso.
Mentre i GAFAM, ovvero Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft, stanno prendendo posizione come pesi massimi di fronte al potere statale – Zuckerberg stesso lo descrive come il nemico da superare – i governi hanno un chiaro interesse a impegnarsi in questa questione. Benconsapevoli che i dati sono un fattore cruciale, le imprese stanno cercando di recuperare non solo la proprietà ma anche il controllo dei loro dati, pur non avendo ancora i mezzi necessari.
Le scelte a livello tecnologico non sono certamente insignificanti
Esiste un reale desiderio di trasformazione, dimostrato da massicci investimenti nel cloud dall’inizio della pandemia. Tuttavia la dipendenza della fornitura di infrastrutture, di per sé insufficiente, non permetterà né alle imprese né lo Stato di trarre beneficio da questa trasformazione. Ancora oggi, gli attori economici tendono a dimenticare che i loro cambiamenti tecnologici hanno delle ripercussioni e che le risorse che adottano determinano una logica di “dominio metodologico, scientifico, calcolato e calcolatore” (Ref. 2). Così, rivolgendosi ai servizi dei giganti americani nel cloud pubblico, le imprese si rendono inconsapevolmente vulnerabili. In primo luogo, questo perché il Cloud Act approvato dall’amministrazione Trump autorizza lo spionaggio industriale legalmente sanzionato. E in secondo luogo, è estremamente complicato sottrarsi a un contratto con uno di questi grandi attori, poiché senza il pagamento di una tassa proibitiva, rimangono i proprietari dei dati ospitati. Infine, perché una volta che le applicazioni e i dati sono stati migrati sui cloud pubblici, rimpatriarli diventa un processo molto lungo e incerto.
La proattività francese ed europea: qualcosa di cui far tesoro
Sarebbe un errore pensare di poter venire a patti senza questi giganti, basti ricordare i tentativi di costruire un cloud franco-francese. Ma qualcosa è cambiato, perché le varie parti in causa si sono mosse verso un maggiore pragmatismo. In particolare, il progetto GAIA-X, sostenuto dai governi francese, italiano e tedesco, sta facendo i primi passi verso un sovereign cloud sicuro, seppur aperto all’innovazione. La sua architettura agnostica è compatibile con tutte le soluzioni, purché rispettino i principi di orizzontalità e interoperabilità intrinseci al progetto. Il suo obiettivo espresso è quello di permettere alle imprese di aumentare la produttività, incoraggiando la collaborazione e lo scambio di dati all’interno di spazi settoriali.
Stiamo quindi beneficiando di un ambiente vivace, in cui la consapevolezza guidata dai governi sta cominciando a trovare ascoltatori e sostenitori. Si tratta di un processo che non è ancora stato utilizzato al massimo, ma che sta creando fiducia e promuovendo il nostro eco-sistema locale.
L’eco-sistema locale è pronto
Un aspetto troppo spesso dimenticato è l’eco-sistema estremamente diversificato ed efficace di attori cloud che l’Europa ha a sua disposizione. Contrariamente al pensiero diffuso negli ISD, che si fanno consigliare da grandi integratori che a volte non sono affatto neutrali, la dipendenza dai giganti americani del cloud pubblico non è necessariamente scontata. La Francia stessa ha 300 fornitori di servizi di cloud o di hosting all’interno del paese. Si tratta di attori che hanno soluzioni già operative, in produzione e al passo con le esigenze dei loro clienti. Questi attori possono anche garantire la reversibilità dei dati, e quindi sono in grado di migrare un’applicazione nel posto in cui deve essere. Questa agilità non è affatto un lusso, in un momento in cui “guadagnando tempo, si guadagnano nuovi mercati ” (Ref. 3) e in cui l’infrastruttura deve adattarsi alle applicazioni.
Infine, notiamo che tutti questi attori permetteranno alla fine ai loro clienti di utilizzare cloud affidabili e certificati, rafforzando così la loro competitività a livello mondiale. Non c’è bisogno di scoprire chissà cosa, ma è necessario agire rapidamente: il cloud è un settore strategico sia per le autorità pubbliche che per le organizzazioni private. Non possiamo che ribadire l’appello di Bruno Lemaire, che non vuole lasciare gli Stati Uniti e la Cina come gli unici protagonisti del XXI secolo… questa ambizione può essere realizzata solo se le nostre imprese permettono, attraverso altri partner di fiducia, di costruire un sovereign cloud.
List of References
- Ref 1
- Ref 2: Herbert Mercuse
- Ref 3: Nicole Aubert, le culte de l’urgence
Written By Hervé Basso, Senior Director, EMEA Cloud Services Partnerships, VMware